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GIORNO 3 "IL PANETTONE"

Calendario Dell'Avvento

GIORNO 3 "IL PANETTONE"

IL CALENDARIO DELL'AVVENTO DI GALLERIA PRESTIGE
03 Dec 2020

Toni, umile sguattero della cucina di Ludovico il Moro, sarebbe l’inventore di uno fra i dolci più caratteristici della tradizione italiana. Ecco la storia: alla vigilia di un Natale, il capocuoco degli Sforza brucia il dolce preparato per il banchetto ducale. Toni, allora, decide di sacrificare il panetto di lievito madre che aveva tenuto da parte per il suo Natale. Lo lavora a più riprese con farina, uova, zucchero, uvetta e canditi, fino ad ottenere un impasto soffice e molto lievitato. Il risultato è un successo strepitoso, che Ludovico il Moro intitola Pan de Toni in omaggio al creatore.

Altre leggende sono legate alla nascita del panettone:


- La prima vede come protagonista Ughetto, innamorato di Adalgisa, figlia di un vicino fornaio. Ughetto si fece assumere come garzone di bottega dal padre dell’amata e pensando a come aiutare il futuro suocero, decise di migliorare il pane aggiungendo burro e zucchero. Fu un successo clamoroso. Ma non solo: durante una seconda preparazione aggiunse anche pezzetti di cedro candito e uova e la nuova ricetta riscosse ancora più successo. Come accade in ogni buona fiaba, Ughetto e Adalgisa si sposarono e vissero felici e contenti;
- La seconda narra di una certa suor Ughetta che per rallegrare il Natale delle consorelle che vivevano in un convento molto povero, decise di aggiungere all’impasto del pane zucchero, uova, burro e pezzettini di cedro candito.

 

Una piccola curiosità a posteriori di queste ultime due leggende: Ughetto e Ughetta sono nomi indissolubilmente legati all’etimologia di uno degli ingredienti che troviamo nel panettone, ovvero l’uvetta che in dialetto milanese si dice “ughet”.

Squarciando il velo delle leggende, l’origine del panettone ha tuttavia un preciso fondamento storico. Pietro Verri nella sua “Storia di Milano” edita fra il 1782 e il 1799 riporta che anticamente a Milano si celebrava il Natale con la cerimonia del ceppo: si usava far ardere un ciocco ornato di fronde e mele sul quale si spargeva per tre volte vino e ginepro mentre la famiglia era riunita intorno al camino e il “pater familias” spezzava simbolicamente il pane da dividere con i famigliari, tre grandi pani di frumento, cereale molto pregiato all’epoca, serbandone una per l’anno successivo, in segno di continuità. Questo rito vivo fino al XV secolo sempre secondo il Verri, veniva celebrato anche dallo stesso duca di Milano, Galeazzo Maria Sforza: “Si usavano in quei giorni dei pani grandi e si ponevano sulla mensa anitre e carni di maiale come anche oggi il popolo costuma di fare”.

Il Panettone di San Biagio

A Milano, è tradizione conservare una porzione del panettone mangiato durante il pranzo di Natale, per poi mangiarlo raffermo a digiuno insieme in famiglia il 3 febbraio, festa di san Biagio, come gesto propiziatorio contro i mali della gola e raffreddori, secondo il detto milanese "San Bias el benediss la gola e el nas (San Biagio benedice la gola e il naso)"[9]. In questo giorno i negozianti, per smaltire l'invenduto, vendono i cosiddetti panettoni di san Biagio, gli ultimi rimasti dal periodo festivo.